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Monumento sui Caduti sul Lavoro - Antonio Roselli

2024-07-09 12:26

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Monumento sui Caduti sul Lavoro - Antonio Roselli

In questo approfondito articolo, si esplora il dialogo tra la scultura di Henry Moore e le opere di Cosimo Allera

Ieri notte leggevo Henry Moore, il suo ortodosso-aprioristico discorso su scultura e società.

Ho immaginato il maestro brittannico che, dito puntato e fronte larga e crespa da Guru, insisteva sul suo appunto : “ L’artista deve rendersi conto di quanto è coinvolto nel cambiamento della struttura sociale e quanto è necessario che egli si adatti alla struttura in evoluzione”.  

Mi è tornato così alla mente “Homo Sapiens” di Cosimo Allera: una processione primitiva che sale per gradi la cresta della civiltà, uomini allungati nella loro solitudine ferina, frutti di una materia senza nome; ruvida, acerba e forgiata per addizione.

Henry Moore comunicava l’inconvenienza di essere scultori in una società moderna, frammentata. Parlava del suo tempo. Dei modelli economici in disfacimento o in transizione.

A quale tempo appartiene, invece, Cosimo Allera?

Nei suoi ferri e nei suoi bronzi non c’è soluzione di unità tra materia e tempo. Viene alla luce un certo amletismo artistico in cui la materia si concede al tempo, ma affondandovi in esso cerca disperata una via d’uscita, come chi crede di serbarsi puro di cuore in eterno . Pertanto mi vengono in mente le opere “Identità”, “La leggerezza dell’essere” e “L’urlo del guerriero”.

Cosimo Allera mette a frutto la sua vocazione di abile artigiano del ferro realizzando un teatrino in movimento che è figlio della tecnica di Julio Gonzales, di Alberto Giacometti e di tanta scultura surrealista dell’Arte Contemporanea.

Al pari di Arturo Martini, grande scultore del secolo scorso, il Nostro Allera, continua a ragionare sul dilemma della figura umana come epicentro della scultura , ma anche come urgenza di superamento.

Riesce a trovare la chiave di lettura giusta per comprendere l’uomo nello spazio e dello spazio e l’uomo nella materia e della materia in tante esperienze  plastiche ed artistiche che vanno dal 1984, anno in cui ha il primo contatto da artista col grande pubblico , fino ad oggi con il suo Monumento dedicato ai caduti sul lavoro.

E’ evidente, in questa opera in acciaio, che qui inauguriamo,  la ricerca di una scultura idealistica e al tempo stesso introspettiva, che rifletta la pressione sociale della nostra epoca.

Si ripresenta, senza scampo, il tempo oscuro di  Moore nella complessità del sistema sociale, economico ed artistico di questi nostri ultimi anni .

E Cosimo Allera cosa fa, quindi? Scolpisce l’ homo faber, rispondendo a “un dovere pubblico o per soddisfare un senso di orgoglio corporativo”.        

La classe operaia  viene resa simbolicamente dalla fisionomia di questa scultura che , sebbene dedicata ai caduti sul lavoro, ha un embrione di significato immenso, un messaggio di speranza rivolto a tutte le generazioni in cerca di un lavoro sicuro  .  

Virtualmente potremmo collocare l’ homo faber di Allera nell’ultimo gradino della scala evolutiva . Potremmo dire che il  gruppo scultoreo “Homo Sapiens”è stato concluso.

L’armonia nella resa anatomica e nella perfezione proporzionale del corpo, tipica della scultura classica- riacesca, viene superata da una struttura corporea che è in sé stessa un assemblaggio di brandelli di pelle e muscoli.

Quasi tormentosa è la pazienza con cui l’autore ha voluto mettere insieme il puzzle umano di carne e tessuti .  

Ogni singolo muscolo viene evidenziato.Sono tutti partecipi al massacrante sforzo dell’opera, allo sfibrante sacrificio dell’esistenza.

Il volto sembra incandescente per la fatica dei tratti somatici, accentuata dall’inarcamento delle sopracciglia e dalla secchezza con cui la luce trafigge la testa e il dorso del naso. Le labbra, ampie e semichiuse, delimitano un mento sporgente.

Siamo dinnanzi alla maschera pietosa dell’immolazione.

Nella smorfia aspra e ferrea leggiamo le origini rupestri dell’essere umano.

D’altronde, la nostra scultura, fiorisce dal ventre di un masso granitico lavorato.

Nell’opera di Cosimo Allera leggiamo tutta l’umanità.

L’umanità che, come scrisse Italo Calvino, nelle limitazioni è sempre «atta ad autocostituirsi, ad affermare la parte decisiva

dell’homo faber ».

Antonio Roselli